Il Tribunale di Larino, con sentenza n. 88 del 15 marzo 2016, ha stabilito che l’impresa edile non può pretendere, dal committente che le ha incaricato i lavori di ristrutturazione, il pagamento del corrispettivo pattuito se le opere realizzate sono abusive o comunque prive delle prescritte autorizzazioni. Ciò perché, in tali casi, il contratto concluso con la società di costruzioni è nullo (il suo oggetto è, infatti, illecito) e tale nullità può essere rilevata anche dal giudice se non eccepita dal debitore.
Dunque se la ditta edile agisce in giudizio per ottenere il pagamento del prezzo per i lavori di ristrutturazione eseguiti ed allega, come prova, il contratto per dei lavori che, tuttavia, sono privi del permesso di costruire dell’autorità amministrativa, il giudice deve rigettare la domanda, essendo la regolarità dei lavori un elemento essenziale per la validità del contratto stesso.
Non vi è alcun dubbio, infatti, che il contratto rivolto a costruire o a realizzare un abuso edilizio sia un contratto nullo, in quanto l’oggetto – la realizzazione dell’opera – è contraria alla legge, perché da quest’ultima vietata. Il che rende appunto invalido qualsiasi accordo delle parti per violazione della normativa.
Ne discende che è nullo il contratto d’appalto intercorso tra le parti per violazione delle norme imperative in materia urbanistica e di tutela dei beni di interesse storico culturale, che subordinano l’esecuzione dell’opera alla presenza di apposite e specifiche autorizzazioni.